Con la sentenza 118/2020 depositata il 23 giugno scorso, la Corte Costituzionale ha esteso il diritto all’indennizzo per danni da vaccino anche alle vaccinazioni non obbligatorie. Purché il nesso di causa sia provato con oggettività, le richieste di indennizzo possono dunque essere avanzate anche da chi - il danno - l’ha subito dopo una vaccinazione “fortemente raccomandata” seppur non obbligatoria.
Tale sentenza, dunque, va a dichiarare l’illegittimità della legge n. 210/1992 che prevede un "indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”.
La vicenda ha per protagonista una donna che, dopo essersi sottoposta nel 2003 al vaccino contro l’Epatite A, sviluppava la patologia nota come “lupus eritematoso sistemico”. Si rivolgeva dunque alla Corte d’Appello di Lecce che, verificata l’esistenza del nesso causale tra la vaccinazione e la patologia, stabiliva il diritto all’indennizzo.
Il Ministero della Salute ricorreva dunque in Cassazione ponendo come motivazione la non obbligatorietà del vaccino contro l’Epatite A. La legge n. 2010/1992, al Comma 1, recita infatti: "Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge”. La Cassazione si rivolgeva dunque alla Consulta, per dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’articolo 1, comma 1.
Pur non essendo la vaccinazione in questione obbligatoria, l’autorità sanitaria la consiglia fortemente. Nel periodo in cui la donna era stata vaccinata, inoltre, era in corso in Puglia una campagna contro l'epatite A. La donna aveva ricevuto una comunicazione che presentava la vaccinazione “non tanto come prestazione raccomandata, ma quasi come se fosse stata obbligatoria”.
“Benché la tecnica della raccomandazione esprima maggiore attenzione all'autodeterminazione individuale, essa è pur sempre indirizzata allo scopo di ottenere la migliore salvaguardia della salute come interesse (anche) collettivo”: con questa motivazione, la Corte Costituzionale ha stabilito il diritto all’indennizzo anche per i danni da vaccino non obbligatorio. Tantopiù che, nel caso in questione, la campagna vaccinale promossa dalla Regione Puglia ha trovato diversi riscontri nei piani vaccinali nazionali e in una specifica raccomandazione del Ministero della Salute del 26 luglio 2017.
"La ragione che fonda il diritto all'indennizzo del singolo non risiede nel fatto che questi si sia sottoposto a un trattamento obbligatorio: riposa, piuttosto, sul necessario adempimento, che si impone alla collettività, di un dovere di solidarietà, laddove le conseguenze negative per l'integrità psico-fisica derivino da un trattamento sanitario (obbligatorio o raccomandato che sia) effettuato nell'interesse della collettività stessa, oltre che in quello individuale”, si legge nella sentenza.
Una sentenza, questa, che ha decisamente cambiato le carte in tavola sul fronte degli indennizzi per danni da vaccino.
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