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Morte per setticemia: la responsabilità dell’ospedale

Nel caso in cui si contragga in ospedale una infezione che porti alla morte per setticemia, la struttura ospedaliera ha una responsabilità? E se sì, è possibile agire per vie legali nei suoi confronti? Si tratta di due interrogativi piuttosto comuni, dal momento che le infezioni che vengono contratte in un contesto ospedaliero, purtroppo, sono tutt’altro che rare. Uno dei casi più frequenti è rappresentato, appunto, dalla setticemia. È necessario, in ogni caso, dimostrare che l’infezione non sussisteva già al momento in cui il paziente è stato ricoverato: solo così si può imputare l’insorgenza dell’infezione alla struttura ospedaliera e di conseguenza attribuire alla stessa una responsabilità.

Le infezioni contratte in ospedale

Sulla base di ciò che viene affermato da prestigiose pubblicazioni di carattere scientifico, deve essere considerata contratta in ospedale un’infezione che si manifesta non prima dei tre giorni successivi rispetto alla data del ricovero. Il paziente, a livello processuale, deve essere in grado di dimostrare che le sue condizioni di salute al momento del ricovero non potevano comportare la presenza dell’infezione. Ovviamente, se si parla di un caso di morte per setticemia, toccherà ai parenti del soggetto deceduto procedere in tal senso. Inoltre bisogna dimostrare che l’infezione possa essere configurata in astratto come origine dei disturbi di salute che si sono verificati in seguito.

Morte per setticemia: gli oneri per la struttura sanitaria

Sulla struttura sanitaria, invece, incombe l’onere di dimostrare che sono state rispettate tutte le precauzioni del caso e, in particolare, le misure più efficaci e adatte ad assicurare la sterilità del personale, dei locali e degli strumenti, i quali devono essere oggetto di un monitoraggio costante e prolungato nel tempo. Nel caso in cui un paziente al momento del ricovero non mostri sintomi di alcun genere che possano essere ricondotti alla setticemia, si può pensare che vi sia una responsabilità da parte della struttura ospedaliera rispetto alla comparsa dell’infezione legata al ricovero, sempre a condizione che i sintomi siano comparsi almeno dopo tre giorni dall’inizio del ricovero stesso, portando a un peggioramento graduale delle condizioni di salute del paziente o addirittura al decesso dello stesso. In presenza di una responsabilità dell’ente ospedaliero, i congiunti più stretti della vittima hanno diritto a richiedere e ottenere un risarcimento del danno da perdita parentale.

Quali sono i sintomi della setticemia

Sono diversi i sintomi che caratterizzano il manifestarsi di una setticemia: fra questi, i brividi e la comparsa di febbre, ma anche il respiro affannato e il battito del cuore accelerato. Altri segnali di una setticemia in corso sono uno stato confusionario, la nausea, il vomito e la riduzione del volume della minzione; inoltre, è frequenza la comparsa di piccoli punti sulla pelle di colore rossastro. In ogni caso è necessario analizzare con la massima attenzione la cartella clinica che riguarda il ricovero del paziente deceduto e controllare i referti degli esami clinici che potrebbero essere stati eseguiti in precedenza: in questo modo sarà possibile appurare le condizioni di salute della persona al momento del ricovero e trarre le giuste conclusioni a proposito del rapporto di causalità fra l’infezione che ha portato alla morte e il ricovero.

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Morte per setticemia: la verifica di sostenibilità

In alcuni casi le cause giudiziarie vengono intraprese anche se non ci sono fondamenti di sostenibilità. Il risultato è che le vittime, o i parenti delle vittime, subiscono – come si suol dire – oltre al danno la beffa, ritrovandosi obbligate a pagare somme consistenti dovute a spese di lite che poi si sono verificate superflue sul piano del risultato. Per evitare una situazione del genere, è opportuno effettuare una verifica di sostenibilità della causa preventiva, grazie a cui è possibile avere un’idea delle potenzialità del risultato, a beneficio del cliente. Infatti, sarà conveniente intraprendere un giudizio unicamente nel caso in cui si riscontri la possibilità di ottenere un risultato positivo. Per fare questo, lo Studio Legale  Bombaci & Partners si avvale di un pool di medici legali e specialisti, i quali forniscono quel supporto tecnico-scientifico necessario per avanzare solo richieste di risarcimento fondate!

Morte per setticemia: esempio di un caso concreto

La sentenza n. 17696 del 25 agosto del 2020 della III sezione civile della Corte di Cassazione ci aiuta, con l’esempio di un caso concreto, ad avere le idee ancora più chiare a proposito di quel che può succedere in termini di responsabilità dell’ospedale dopo una morte per setticemia. La sentenza fa riferimento a un decesso di una paziente avvenuto all’ospedale di Torino per colpa di una infezione che si era manifestata in seguito un intervento chirurgico: i congiunti avevano citato l’ospedale per giungere a un risarcimento dei danni, ritenendo che in occasione dell’operazione fosse avvenuta l’infezione batterica (quindi, per colpa dell’ospedale) e che in seguito la struttura sanitaria non avesse curato quell’infezione in modo appropriato. Tuttavia il tribunale di Torino e in seguito la Corte territoriale piemontese avevano respinto la domanda di risarcimento per malasanità.

I congiunti, a quel punto, avevano promosso un ricorso in Cassazione contro la sentenza di secondo grado, la quale ha messo in evidenza che sul tema della causalità in relazione alle cause di responsabilità professionale medica (con riferimento anche alla ripartizione dell’onere della prova), l’orientamento consolidato è quello secondo il quale tocca al danneggiato dimostrare la sussistenza del rapporto di causalità fra le azioni svolte dal sanitario e la comparsa di nuove patologie (o l’aggravamento di quelle già esistenti). Tale dimostrazione, però, può scaturire anche da presunzioni. Se questo onere probatorio viene rispettato, tocca alla struttura sanitaria dimostrare che sia stata una causa inevitabile e imprevedibile a non rendere possibile la corretta esecuzione della prestazione.

Morte per setticemia: l’onere probatorio che grava sul danneggiato

Vale la pena di ribadire, dunque, che sul danneggiato ricade l’onere probatorio relativo alla dimostrazione del rapporto di causalità fra la malattia e il comportamento adottato dall’ospedale. I pazienti della vittima possono dimostrare l’avvenuto contagio anche solo in via presuntiva (nel caso di Torino a cui abbiamo fatto cenno, l’infezione è sorta con tutta probabilità nel corso dell’intervento chirurgico che ha coinvolto la paziente). Appare del tutto evidente come sia fondamentale rivolgersi ad un avvocato specializzato in risarcimento danni Torino, che sappia raccogliere tutti gli elementi necessari per dimostrare la fondatezza della pretesa risarcitoria.

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